Lavorare tra le opere d'arte migliora la produttività? Meglio un quadro d'autore che un poster scadente in sala riunioni?
Probabilmente sì, stando alle conclusioni tratte dallo studio compiuto dall'Università Cattolica di Milano sulle “Corporate Art Collection”, vale a dire le collezioni d'arte raccolte dalle imprese italiane. La ricerca ha mappato e analizzato 160 collezioni aziendali, mettendo in evidenza dimensioni, caratteristiche e modelli di fruizione.
Ne emerge un panorama variegato, in cui fianco a fianco si trovano grandi colossi dell'economia e piccole aziende con meno di 50 dipendenti, con una leggera prevalenza di amanti dell'arte tra le organizzazioni del settore bancario e assicurativo. Nella maggior parte dei casi le collezioni non sono di ampie dimensioni – solo il 16% possiede più di tremila pezzi – e prevale seppur di poco la tendenza a privilegiare le opere contemporanee.
L'aspetto più interessante è relativo ai motivi che portano le imprese a investire in quadri e sculture, una scelta che non è solo dettata dalla passione dei fondatori, ma anche dalla volontà di rafforzare l'identità aziendale e il senso di appartenenza e di stimolare la creatività, per esempio allestendo corsi di formazione a cui partecipano artisti, curatori e dipendenti.
L'arte rappresenta inoltre un mezzo di promozione e sono circa un terzo le realtà che fanno un uso attivo e vivace del loro patrimonio, magari esponendo pubblicamente le proprie collezioni, come avviene nell'iniziativa “Arte a palazzo” voluta da Eni oppure con le Gallerie d’Italia di Intesa Sanpaolo o ancora con la permanente di arte contemporanea dell'azienda Elica a Fabriano.
Un felice incontro tra cultura e management che, secondo i ricercatori, potrà essere ulteriormente migliorato gestendo con maggiore zelo le collezioni, dando loro una spiccata coerenza artistica e integrandole sempre più nei circuiti culturali nazionali.
