La descrizione del quadro che si legge nel catalogo della mostra alla National Portrait Gallery di Londra recita: “Un uomo con un espressione sorpresa e un paio di baffi a manubrio che sembrano usciti da un negozio di scherzi di carnevale, seduto a fianco di una smunta prostituta”. Si tratta del ritratto di Sebastià Junyer i Vidal, dipinto da Pablo Picasso nel 1903. Vidal era un pittore catalano, stretto amico di Picasso durante gli anni della bohème parigina: un soggetto caro al grande artista, che forse proprio per la singolare fisionomia lo ritrae diverse volte, per esempio nelle vesti di rapsodo o di torero.
Quest'opera risale al così detto “periodo blu”, quando Picasso dipinge usando quasi esclusivamente questo colore: sono gli anni che seguono la morte dell'amico Casagemas, suicidatosi in un ristorante della capitale francese; un avvenimento scioccante per il pittore, che inizia a realizzare opere cupe e malinconiche sfruttando appunto tutte le gradazioni e le sfumature del blu. Una vena di triste inquietudine percorre anche il ritratto di Vidal, specialmente se si volge lo sguardo alla scarna figura femminile, appena ravvivata da un tocco di rosso fra i capelli e da un fiore giallo in bocca.
Stupirà lo spettatore però, sapere che in origine non c'era nessuna donna nel quadro di Picasso: come rivelano le analisi ai raggi X dell'opera, nelle prime stesure compariva un cagnolino, in basso a sinistra, accucciato secondo i canoni della ritrattistica rinascimentale. Un elemento che l'artista deve aver giudicato “poco malinconico” per i canoni espressivi del periodo e che perciò ha sostituito nelle esecuzioni successive.
Una curiosità che possiamo conoscere grazie alle moderne tecnologie radiografiche, strumenti ormai indispensabili negli interventi di restauro e utili anche per scoprire i segreti del processo creativo.