Il 5 febbraio del 1916 in un locale di Zurigo, il Cabaret Voltaire, un gruppo di artisti in fuga dall'Europa dei cannoni, delle trincee e dei gas letali mette in scena uno spettacolo destinato a entrare nella storia: è il trionfo del nonsense, dell'assurdo e della dissacrazione, è la nascita del movimento Dada. Da allora, sembra una frase fatta, l'arte non è stata più la stessa, superando quei limiti che neanche le avanguardie storiche di inizio Novecento erano riusciti a oltrepassare.
Come scrivono i curatori della mostra, Francesco Tedeschi ed Elena Di Raddo, quella dadaista è un’arte che facendo leva “sull'azzeramento delle forme espressive precedenti […] scardina i limiti degli stili, delle tecniche, delle relazioni fra la parola, l’immagine, il suono”. La mostra, che si apre domenica 2 ottobre al Museo di Santa Giulia di Brescia, si pone dunque l'obiettivo di riportare l'attenzione soprattutto sulla carica eversiva e la vitalità esplosiva del Dada, quegli elementi che saranno il motore di tante esperienze, sperimentazioni e provocazioni dell'arte contemporanea.
L'esposizione si compone di oltre 270 opere e documenti originali firmati dai più grandi protagonisti del movimento (Tristan Tzara, Max Ernst, Marcel Duchamp, Man Ray solo per citarne alcuni), con una particolare attenzione ai rapporti con l'ambiente culturale italiano e all'eredità della lezione dadaista nella nostra arte nazionale. Completa l'iniziativa una retrospettiva su Romolo Romani, esponente di spicco del Futurismo italiano, scomparso proprio nel 1916.
Per approfondire: l'estetica dadaista e di Marcel Duchamp raccontati da Achille Bonito Oliva; l'eredità del dadaismo nelle opere dei Neodada americani degli anni Cinquanta nell'intervento di Carlos Basualdo.