Nel febbraio del 1797 un giovane generale francese fedele agli ideali della Rivoluzione imponeva al papa Pio VI il trattato di Tolentino, ultimo atto della guerra che aveva messo di fronte la Repubblica transalpina e lo Stato Pontificio. Il generale era, come sappiamo, Napoleone Bonaparte e il suo “accordo” diplomatico dettava condizioni particolarmente dure a una delle maggiori potenze della penisola: non solo dal punto di vista politico ma anche culturale e di prestigio, perché stabiliva la cessione – per non dire il saccheggio – di molti capolavori artistici custoditi a Roma. Presero la strada verso Parigi un centinaio di opere: sculture classiche come il Laocoonte o l'Apollo del Belvedere; dipinti simbolo del Rinascimento come la Trasfigurazione e il Ritratto di Leone X di Raffaello; magnifiche tele barocche tra cui la celebre Deposizione di Caravaggio. Pochi mesi più tardi fu la volta dei quadri di Tiziano, Veronese e Tintoretto, trafugati in seguito al Trattato di Campoformio, che chiudeva trionfalmente la così detta Campagna d'Italia. La presentazione del bottino di guerra avvenne il 27 luglio dell'anno successivo: davanti a una folla trepidante, una processione di quaranta carri trasportava l'immenso patrimonio d'arte verso il Louvre, ufficialmente Museo centrale delle arti della Repubblica.
Finché durò l'epopea napoleonica quei capolavori rimasero strettamente nelle mani francesi, ma dopo la disfatta di Waterloo, l'esilio dell'ex imperatore e la restaurazione dei vecchi assetti politici si cominciò a intravedere la possibilità di un loro ritorno in Italia. L'artefice principale di questa iniziativa è nientemeno che Antonio Canova, l'artista che aveva celebrato lo stesso Napoleone nelle vesti di Marte e la sorella Paolina in quelle di Venere distesa; ma che aveva altresì cercato di far capire al condottiero l'opportunità che i tesori sottratti rientrassero nei luoghi d'origine. Canova infatti oltre a essere il grande maestro del neoclassicismo è anche attivamente impegnato nel campo della conservazione dei beni culturali e alla sua volontà si deve, nel 1820, la prima legge che tutela il patrimonio storico-artistico italiano (benché indirizzata al solo territorio pontificio).
La battaglia per la restituzione delle opere d'arte incontra molte resistenze da parte francese, Canova si scontra più volte con i funzionari d'oltralpe e solo l'intervento del politico austriaco Metternich riesce a pervenire a un'intesa tra le due parti: delle cento opere requisite col trattato di Tolentino ne tornano a Roma settantasette; dei 115 quadri prelevati successivamente dagli stati pontifici ne viene recuperata quasi la metà. Una vittoria “mutilata”, su cui pesa anche la volontà di papa Pio VII che non vuole inimicarsi il cristiano re francese Luigi XVII.
A questa avventurosa vicenda è dedicata una mostra presso le Scuderie del Quirinale dal titolo “Il Museo universale. Dal sogno di Napoleone a Canova”, che si concluderà nel marzo del 2017. Un'occasione per ammirare alcuni capolavori dell'arte antica e italiana eccezionalmente riuniti in un'unica sede espositiva; un evento per riflettere sul valore del concetto, formatosi proprio in quel periodo storico, di patrimonio culturale nazionale «strumento principe di educazione del cittadino e, insieme, perno di una comune identità europea».