La sera della domenica 20 agosto 1911 un imbianchino di trent'anni originario della Lombardia, Vincenzo Peruggia, entra nel Museo del Louvre, dove lavora come addetto alla pulizia dei quadri: questa volta però non è venuto nelle vesti di operaio, ma per compiere il più famoso furto nella storia dell'arte, quello della Gioconda di Leonardo. Il suo piano è molto semplice: mimetizzarsi tra i presenti fino all'orario di chiusura, dopodiché nascondersi in uno sgabuzzino per la notte, quindi al mattino dopo, giorno di chiusura della galleria, prelevare il dipinto e allontanarsi. Peruggia esegue tutto alla perfezione. Alle 7.20 del 21 agosto approfitta di un momento di distrazione del guardiano per staccare la tela dalla cornice e nasconderla sotto il cappotto; poi si incammina come se niente fosse verso l'uscita del Louvre, chiedendo persino aiuto a un idraulico giacché non riesce ad aprire il portone d'ingresso. L'unico intoppo, forse dovuto all'emozione per il colpo sensazionale, accade durante la fuga, perché il ladro sbaglia tram e vista la fretta è costretto a optare per un più comodo ma dispendioso taxi.
Il clamoroso furto viene scoperto solo all'alba del martedì, quando il copista Louis Beroud, venuto per esercitarsi sulla Monna Lisa, si accorge della sparizione. Scattano le indagini, ma per ora nessuno sospetta di un esile operaio italiano. Vengono invece accusate del crimine le persone più disparate e vengono formulate le ipotesi più fantasiose: è stato un collezionista americano che vuole appenderlo nel proprio studio; anzi no, è stata la Germania, nemica giurata dello Stato francese, per indebolirne il prestigio internazionale; l'estrema destra, come al solito, accusa il complotto della lobby ebraica e la polizia arresta il poeta Guillaume Apollinaire, che aveva dichiarato tempo prima di voler distruggere tutta l'arte antica. Metaforicamente, ma gli agenti, complice la soffiata di un amante rancoroso, non hanno colto la differenza. Perfino Pablo Picasso finisce tra i sospetti.
Intanto la Gioconda è nelle mani di Peruggia, dentro una valigia nascosta sotto il letto, e al suo posto, sulla parete del Louvre, viene appeso il Ritratto di Baldassar Castiglione di Raffaello.
Oltre due anni più tardi la svolta: l'antiquario fiorentino Alfredo Geri si vede recapitare una lettera firmata Leonardo, nella quale viene proposta la restituzione del capolavoro per la “modica” cifra di 500.000 lire. L'autore sembra essere spinto da motivazioni patriottiche, vuole riparare il torto subito dal nostro Paese rendendo all'Italia un'opera che le è stata sottratta da Napoleone, ma «appartiene all’Italia perché Leonardo è italiano». Una clamorosa svista storiografica, dal momento che è storia nota che Leonardo Da Vinci portò con sé il dipinto in Francia, dove fu probabilmente acquistato dal sovrano Francesco I e finì nelle collezioni reali. Un errore che rivela anche la scarsa cultura artistica del ladro ma fornisce una nuova pista investigativa, perché il fantomatico “Leonardo” o è un mitomane o deve essere il colpevole.
Il 12 dicembre 1913 l'antiquario Geri, accompagnato dal direttore degli Uffizi, incontra Peruggia al terzo piano dell'albergo Tripoli e Italia di Firenze: i due esperti quasi non credono ai loro occhi quando vedono sul tavolo della stanza la Monna Lisa intatta e soprattutto autentica. La vicenda si è finalmente conclusa, il bizzarro criminale viene arrestato e verrà processato l'anno successivo, quando sarà condannato a una pena mite perché dichiarato “mentalmente minorato”. Intanto la Gioconda è tornata a sorridere dai saloni del Louvre, e qualcuno dice che in fondo in questo strano caso a trionfare sia stata proprio lei, la ragazza fiorentina che da allora è diventata uno dei simboli più noti dell'arte di tutti i tempi.
Se vuoi saperne di più sull'arte di Leonardo, guarda la lezione di Antonio Natali