Questa settimana su Eduflix Italia, lo psicologo Massimo Cirri dedica una lezione al rapporto tra psicologia e mondo del lavoro. Una relazione che diventa sempre più stretta e necessaria in seguito ai mutamenti portati dalla Rivoluzione industriale, quando il significato e la funzione del lavoro cambiano radicalmente.
Il lavoro scriveva Marx è ciò che distingue l'uomo dagli altri animali perché fa di lui un essere capace di produrre da sé i propri mezzi di sussistenza. La storia del lavoro è quindi parte della storia delle civiltà umane che nel tempo hanno dato a questa attività significati differenti. In Grecia e nell'antica Roma il lavoro era disprezzato dagli uomini liberi e affidato agli schiavi. Ancora oggi in molte lingue di origine latina la parola è associata alla fatica. Travailler in francese e trabajar in spagnolo contengono il riferimento al travaglio. In alcuni dialetti italiani si usa il termine faticare.
Con il medioevo si diffonde la servitù della gleba che lega i lavoratori per tutta la vita alle terre del signore feudale. Negli stessi secoli però cresce nelle città l'importanza delle botteghe artigiane, del commercio, del prestito di denaro. La nascente società borghese introduce nuove forme organizzative e nuovi significati del lavoro, non più concepito solo in relazione alla terra e alla fatica fisica ma anche ad abilità manuali specializzate e a capacità imprenditoriali. Lavoro non è più sinonimo di servitù ma diventa parte della definizione di sé e alla base della libertà individuale.
Tra Seicento e Settecento lo sviluppo capitalistico porta con sé la figura del lavoratore subordinato, alle dipendenze del marcante o del proprietario della bottega. Questo modello va ampliandosi e consolidandosi con la rivoluzione industriale sino ad assumere le dimensioni della fabbrica, qui gli operai sono concentrati nello stesso ambiente fisico e la loro attività è organizzata in mansioni e turni. Tra Ottocento e Novecento il lavoratore salariato acquisisce un profilo sociale sempre più definito e nasce una nuova cultura del lavoro. L'attività retribuita diventa uno strumento di autorializzazione, una dimensione centrale dell'identità individuale e il mezzo principale che garantisce senso di appartenenza e sicurezza.
A cavallo del nuovo millennio con la globalizzazione dell'economia anche l'organizzazione del lavoro è costretta a mutare. Il modello novecentesco lascia il posto a una pluralità di forme spesso frammentate e precarie ognuna dotata di propri stili, tempi, relazioni. Il lavoro perde il riferimento ai grandi orizzonti di senso collettivo e i suoi significati diventano sempre di più, tanti quasi quanti sono gli individui che lavorano.