Il 28 novembre cade l'anniversario della scomparsa di uno dei più importanti scienziati del Novecento, Enrico Fermi, premio Nobel per la Fisica nel 1938. Ripercorriamo le tappe della vita di uno dei padri dell'energia nucleare.
Enrico Fermi nasce a Roma nel 1901. La sua vita si incrocerà con tutti gli avvenimenti cruciali della prima metà del XX secolo. Le sue straordinarie doti in campo scientifico si manifestano molto precocemente e il giovane prodigio finisce le scuole superiori con un anno di anticipo. Dopo il diploma insegue la sua passione e sceglie di dedicarsi agli studi di fisica, classificandosi primo al concorso per l’ammissione alla prestigiosa Università Normale di Pisa: l'elaborato che presenta in questa occasione è sorprendente, perché rivela al mondo accademico un ragazzo di diciott'anni con la statura di un fisico esperto.
Si laurea con una tesi sui raggi X nel 1922, l’anno della marcia su Roma. Ma Fermi non si fa distrarre dagli avvenimenti politici e l’anno successivo ottiene una borsa di studio per la Germania, dove incontra fisici illustri come Werner Heisenberg e Wolfgang Pauli.
Nel 1925, come professore incaricato di meccanica razionale e fisica matematica all’università di Firenze, collabora a esperimenti di spettroscopia con un altro giovane destinato a una fulgida carriera, Franco Rasetti. L'anno successivo ottiene la cattedra di fisica teorica all’Università di Roma e comincia la sua carriera di scienziato. Sono gli anni dei “ragazzi di via Panisperna”, dal nome della strada in cui sorge l'Istituto di Fisica, una squadra di giovani e brillanti scienziati, come Edoardo Amaldi ed Emilio Segrè, che collaborano con Fermi alle sue scoperte più rilevanti: studia il decadimento beta confermando teoricamente l'esistenza del neutrino, e nel 1935 è il primo a sperimentare la disintegrazione nucleare di ottanta tipi di nuclei mediante l'impiego di neuroni lenti.
Proprio grazie ai neutroni lenti Fermi riceverà il Nobel per la fisica nel 1938. Ma nello stesso anno sarà costretto dalle leggi razziali a lasciare l’Italia. La moglie di Fermi, Laura Capon, è infatti ebrea e il fisico, per proteggerla, decide di accettare un incarico alla Columbia University di New York. Così, dopo il ritiro del Nobel a Stoccolma, si trasferisce oltreoceano, dove assume la cittadinanza americana e diventa docente all'Institute of Nuclear Studies dell'università di Chicago, che oggi porta il suo nome. Negli Stati Uniti Fermi può continuare il suo lavoro sulle reazioni nucleari: nel 1942 mette a punto la prima pila atomica a uranio e grafite e due anni più tardi prende parte anche al famoso “Progetto Manhattan”, diretto da Julius Robert Oppenheimer, per la costruzione della bomba atomica. Un'operazione controversa che divide la comunità scientifica: lo stesso scienziato italiano, pur coinvolto nel progetto bellico, nel 1945 si esprime contro l'uso dell'energia nucleare su bersagli civili.
La fine è nota, con le ecatombi di Hiroshima e Nagasaki finisce la Seconda guerra mondiale e Fermi torna alle ricerche civili all’Università di Chicago. Si occupa di fisica del plasma, di applicazioni dello studio delle radiazioni cosmiche ma soprattutto apre una nuova frontiera d’indagine con l’impiego di un acceleratore di particelle.
Sono gli ultimi anni di vita di un grande protagonista della scienza: nell'estate del 1954 iniziano a manifestarsi i sintomi di un tumore allo stomaco che lo condurranno alla morte, avvenuta a Chicago, il 28 novembre dello stesso anno.
Guarda l'intervento del professore Giuseppe Bruzzaniti per approfondire le scoperte di Enrico Fermi