Alzi la mano chi riesce ad andare a dormire senza aver dato un ultimo sguardo allo smartphone o al tablet, per un messaggio della buonanotte o una rapida occhiata alla pagina Facebook. Siamo ormai così abituati a convivere con i nostri apparecchi elettronici che non facciamo più caso alla loro presenza, neanche sul comodino a fianco al letto. Ma forse dovremmo stare più attenti al loro utilizzo notturno, non tanto per presunte onde magnetiche o radiazioni quanto per l'azione a lungo termine esercitata sul cervello umano. A maggior ragione sui bambini e gli adolescenti, il cui sonno con o senza device è stato studiato da un gruppo di ricercatori del King's College di Londra e pubblicato sul JAMA Pediatrics. Sono infatti i ragazzi tra i 6 e i 19 anni il campione preso in esame dalla ricerca, una categoria particolarmente attiva dal punto di vista tecnologico: stando alle statistiche americane, oltre i due terzi dei teenager lasciano il proprio dispositivo vicino al letto e circa il 43% addirittura legge o scrive messaggi elettronici anche dopo una prima fase di assopimento. Sono stati oltre 125.000 i ragazzini finiti sotto la lente degli scienziati, che hanno raccolto e messo in relazione i dati di 467 studi indipendenti. I risultati dell'analisi hanno evidenziato le conseguenze negative dell'uso eccessivo di computer e smartphone: quantità e qualità del sonno insufficienti e una maggior predisposizione alla sonnolenza durante le ore del giorno. Effetti nocivi ancora più marcati su soggetti che sono nel pieno del loro percorso di maturazione intellettiva e avrebbero perciò bisogno di un maggiore equilibrio nelle loro attività cerebrali. Perché addormentarsi, per quanto sia naturale e indispensabile, non è un'azione così immediata: il corpo e la mente hanno bisogno di rilassarsi completamente e ciò richiede tempo. La ricezione di uno stimolo minimo, come lo schermo che si illumina, o forte, quale la lettura o peggio ancora la scrittura di un messaggio, rappresenta un elemento di forte disturbo e rallenta il processo di distensione che porta al sonno. Come spiega Ben Carter, uno degli autori della ricerca, «Non puoi fare uno sprint di 100 metri e poi pensare di andare a dormire. Il tuo corpo starà ancora correndo. Allo stesso modo avviene con la mente: se sta correndo non puoi pretendere che si spenga all'improvviso. È un organo come tutti gli altri». I genitori sono avvisati, meglio un po' di severità in più nell'educazione tecnologica dei propri figli per prevenire abitudini sbagliate o disturbi del sonno.