È il 19 ottobre del 1900 quando lo scienziato tedesco Max Planck formula una teoria che rivoluziona la fisica moderna: “l'energia associata a una radiazione elettromagnetica è trasmessa in pacchetti discreti chiamati quanti”. È l'embrione della teoria quantistica, che gli varrà il premio Nobel diciotto anni più tardi e che si rivelerà fondamentale per gli studi sulla relatività di Albert Einstein e sull'energia atomica di Niels Bohr, così come per la realizzazione di tecnologie quali il laser o la risonanza magnetica. Una teoria che suscita polemiche non appena fa la sua comparsa nella comunità scientifica dell'epoca e che nel corso degli anni verrà tanto celebrata quanto criticata. Qualche volta anche in maniera divertente e provocatoria, come avviene con il fantasioso “paradosso di Schrödinger”, dal nome del fisico austriaco che lo elabora nel 1935.
In questo esperimento mentale, Schrödinger immagina un gatto chiuso in una scatola d'acciaio sigillata insieme a una “macchina infernale”, così come la definisce lo scienziato, formata da un contatore Geiger, una minuscola quantità di sostanza radioattiva, un martelletto e una fiala di cianuro. Si lascia il gatto in questa scatola per un'ora, sapendo che il materiale radioattivo potrebbe decadere e in tal caso rilasciare una particella che attiverebbe il contatore, a sua volta collegato a un martelletto destinato a rompere la fiala e dunque uccidere il gatto: le possibilità sono esattamente le stesse perché il comportamento degli atomi non è prevedibile con esattezza ma solo probabile. Di conseguenza non sarà prevedibile nemmeno il destino del gatto che potrebbe essere sia vivo sia morto che entrambe le cose. Sì, perché il paradosso ironicamente applica all'esperienza comune un meccanismo basilare della fisica quantistica, cioè la “sovrapposizione degli stati”. Infatti la meccanica dei quanti prevede che nel mondo subatomico possa esistere la coincidenza tra due condizioni opposte fra loro, che rimangono sospese in questa sorta di limbo del possibile finché un osservatore non interferisce determinando quale delle due sia effettiva. Un evento che non può succedere nella realtà macroscopica, ovvero in quella dei corpi che vediamo a occhio nudo, come per l'appunto un gatto.
Il paradosso di Schrödinger ovviamente non vuole mettere in discussione le basi del lavoro di Planck, tanto più che lo stesso Schrödinger era uno dei fondatori della scienza quantistica, ma mira a evidenziare i limiti e le forzature concettuali a cui va incontro l'ortodossia di una teoria più che mai da perfezionare.