Come affermava il politico pacifista francese Jean Jaurès, assassinato proprio il giorno avanti l'inizio ufficiale della Prima guerra mondiale: «Ogni popolo andava con una fiaccola in mano per le strade d'Europa. E ora c'è l'incendio». Un incendio di proporzioni gigantesche, capace di infiammare tutto il continente per quattro lunghi anni e concluso, o meglio apparentemente sopito, con la conferenza di pace di Parigi, iniziata il 18 gennaio di novantanove anni fa.
Il primo conflitto ha una lunga gestazione che si può far risalire fin dalla fine del secolo precedente: la nascita del temibile reich tedesco di Guglielmo I, le frizioni tra le potenze coloniali, l'ondata nazionalistica e le guerre balcaniche minano il già vacillante equilibrio europeo. Si fa sempre più pressante e aspra la rivalità economica e politica tra due blocchi principali: da un lato quello formato dagli imperi tedesco e austro-ungarico; dall’altro la triplice Intesa, costituita da Francia, Russia e Gran Bretagna. La guerra deflagra rapidamente.
Il 28 giugno 1914 a Sarajevo un giovane nazionalista serbo assassina l’arciduca Francesco Ferdinando, l’erede al trono d’Austria. La dura reazione austriaca contro la Serbia porta a una fulminea escalation militare: in poche settimane il gioco delle alleanze e le prime azioni belliche trascinano nello scontro le potenze europee e scoppia così la Prima guerra mondiale.
Lo scenario bellico si allarga velocemente e nel breve volgere di qualche mese la Grande Guerra arriva a coinvolgere numerose altre nazioni. Dopo quattro sanguinosi anni di lotta, vincitori e vinti sono alla fine accomunati da un unico tragico dato: l’enorme numero di vittime. Si contano infatti oltre tredici milioni di soldati morti e diversi milioni di feriti gravi e mutilati, oltre a tutti i civili uccisi da quella che è considerata la prima guerra totale.
In questo drammatico scenario si svolgono i lavori della conferenza di pace di Versailles, il cui compito è molto delicato: occorre infatti cercare di ricostruire la geografia politica dell’Europa, che ha visto scomparire per sempre due regni secolari come l'impero austro-ungarico e quello ottomano. Il vero punto debole degli accordi internazionali è il trattamento riservato alla Germania. Questa perde diverse regioni assegnate ad altri Stati e tutte le colonie, ma soprattutto viene sottoposta a durissime clausole economiche e militari, per impedirle in ogni modo di rientrare tra le principali potenze: è una sanzione durissima, quella che l'economista John Maynard Keynes definirà la “pace cartaginese”. La Germania nata dalle ceneri della guerra si rivelerà uno Stato molto fragile: di lì a poco il nazismo si imporrà facilmente, sfruttando l'instabilità politica e il sentimento di umiliazione vissuto da molti tedeschi.