Eravamo tutti davanti al computer ad aspettare l'annuncio della Nasa, che aveva addirittura organizzato una conferenza stampa in streaming per rivelare la scoperta: come a ribadire che stavolta non era una faccenda per addetti ai lavori, astrofisici o biologi spaziali, ma una notizia che avrebbe interessato un po' tutti, da chi è cresciuto a pane, Asimov e Star Trek a chi guardando il cielo notturno si chiede cosa e chi ci sia al di là della nostra galassia. L'attesa è stata ripagata, perché la comunicazione dell'agenzia spaziale americana è stata di quelle che lasciano briglia sciolta all'immaginazione e apre un nuovo periodo di ricerche astronomiche: la Terra ha delle sorelle, non una sola ma ben sette, sette pianeti simili al nostro che costituiscono un sistema di astri al centro del quale si trova una stella nana rossa, ribattezzata Trappist-1 per via del telescopio con cui è stata scoperta, il Transiting Planets and PlanetesImals Small Telescope, installato all'Osservatorio di La Silla sulle Ande e gestito dall'Università di Liegi.
Questa stella, avvistata già nel maggio del 2016, è molto più piccola rispetto al nostro Sole, appena l'8% della sua massa totale, e decisamente più fredda, “appena” 2.400 gradi centigradi, meno della metà di quella solare. Attorno a Trappist-1 orbitano diversi esopianeti, la cui esistenza è stata rivelata inizialmente dall'analisi dello spettro all'infrarosso: esaminando le minime differenze di luminosità della stella nana, gli scienziati hanno intuito che questi cali di luce erano dovuti al passaggio regolare di altri corpi celesti davanti alla loro stella.
Secondo le osservazioni effettuate, la caratteristica principale di questi pianeti extrasolari è la loro possibile abitabilità. Tre di loro, in particolare, hanno sia una composizione rocciosa e delle dimensioni vicine a quelle terrestri, ma soprattutto una distanza dalla stella centrale e una temperatura tali da consentire la presenza di acqua e di un'atmosfera sostenibile, vale a dire le condizioni potenziali per lo sviluppo della vita così come noi la conosciamo. Ovviamente siamo ancora agli albori di questa sensazionale scoperta, c'è bisogno di tempo, pazienza e tecnologie più precise ed efficaci per esplorare mondi che, non dimentichiamo, sono a una distanza siderale di oltre 39 anni luce. Però da ieri sera il sogno di esistenze aliene non ci appare più così campato in aria e gli “incontri ravvicinati” ci sembrano meno fantascientifici di un tempo. Come ha spiegato
Thomas Zurbuchen, astrofisico della NASA: «La scoperta rappresenta un pezzo importante nel puzzle della ricerca di pianeti abitabili, posti dove può nascere e fiorire la vita. Rispondere alla domanda se siamo soli nell’universo è una delle priorità della scienza e trovare così tanti pianeti per la prima volta nella zona abitabile rappresenta un incredibile passo avanti nel raggiungimento di una risposta».
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