Per qualche critico è stata “un pontile verso il nulla” o semplicemente “una baracconata”; ma per il “New York Times” e l'autorevole sito di arte e architettura “Dezeen”, l'installazione sul lago d'Iseo Floating Piers, realizzata dal bulgaro Christo, è tra le migliori del 2016.
L'opera consiste in una lunga passerella pedonale costituita da 200.000 cubi in polietilene, posti sul pelo dell'acqua, che collegano le sponde del lago. Il serpentone giallo-arancio ha ridisegnato il paesaggio circostante per 16 giorni, durante i quali la zona è stata letteralmente presa d'assalto dai visitatori ansiosi di percorre i 3 chilometri fino all'isola di San Paolo o anche solo ammirare dalle montagne l'insolito panorama lacustre.
Il “New York Times” riporta le parole dell'autore, che ricorda la lunga genesi del progetto, durata 26 anni: era infatti il 1970 quando Christo e la moglie Jeanne-Claude avevano pensato per la prima volta a un'installazione che permettesse di attraversare uno specchio d'acqua semplicemente camminandovi sopra, ma solo diversi anni dopo avevano individuato il lago d'Iseo come il luogo più adatto. Lo stesso artista racconta l'esperienza del Floating Piers così: «Ho camminato molto io stesso sulla passerella, di sera quando c’era meno gente attorno. Uscivo verso mezzanotte con gli amici e la percorrevo per tutta la lunghezza. Era bellissimo sotto quella luce. Non era come stare su una barca; non era come stare sulla riva, con l’acqua da un lato e la terra dall’altro. Era letteralmente camminare sulle acque».
Secondo “Dezeen” la scintillante opera di Christo vince persino la palma come migliore installazione pubblica del 2016, battendo in questa speciale classifica artisti del calibro di Olafur Eliasson o lo studio OMA – quello che fa capo a Rem Koolhaas. Un importante riconoscimento che testimonia non solo la vitalità dell'ottantunenne artista, ma anche di un genere come il site specific, vale a dire l'intervento artistico in un determinato luogo. Scorrendo le immagini del sito si rimane sorpresi e ammirati nell'osservare opere come la spettacolare “Cascata” di Eliasson nel mezzo del Gran Canal di Versailles, oppure la suggestiva “Foresta di luce” del giapponese Fujimoto o ancora il disorientante “Labirinto di specchi” del designer inglese Es Devlin.
Opere d'arte che sono parenti prossime della Land Art, la storica corrente che usa il paesaggio come palcoscenico artistico: a differenza di quest'ultima però i site specific non mirano a trasformare in maniera definitiva e invasiva l'ambiente, hanno un carattere più “sostenibile”, caratteristica che di questi tempi si rivela come un valore aggiunto.