Quante volte abbiamo guardato film in cui un personaggio viene ipnotizzato e spinto a commettere azioni contro la sua volontà: è un suggestivo escamotage narrativo che ha forse il suo esempio più riuscito nel film Va e uccidi del 1962, dove un soldato viene condizionato affinché uccida il candidato alle elezioni presidenziali. Molti poi ricorderanno volti noti dello spettacolo sottoporsi a esperimenti di ipnosi in diretta televisiva, con effetti sorprendenti e talvolta farseschi.
È innegabile, l'idea che il nostro cervello possa essere controllato in maniera così diretta, annullando persino la nostra volontà è decisamente affascinante: ma come funziona davvero l'ipnosi e qual è la sua origine?
I primi esperimenti sembrano risalire all'Antico Egitto con il tempio del sonno del divino sacerdote Imhotep, nel quale i malati venivano fatti addormentare per ricevere le cure in sogno da Imhotep in persona. Altre testimonianze si rintracciano nella cultura gitana, probabilmente un retaggio delle origine orientali del popolo Rom, ma il secolo d'oro dell'ipnosi in Occidente è sicuramente il Settecento. In questo periodo si compiono gli studi del precursore dell'ipnosi moderna, Franz Mesmer. Lo scienziato tedesco è un convinto sostenitore del magnetismo, che a suo vedere condiziona i movimenti dei pianeti, le maree e la salute umana: a partire da questo presupposto, Mesmer appronta una cura per le malattie nervose che consiste nell'applicazione di magneti sul corpo, nell'imposizione di mani dall'energia benefica, in bagni collettivi in acque “magnetizzate” e in stati di coscienza alterati definiti “sonnambulismo artificiale”. Benché considerato dalla comunità scientifica un ciarlatano, a Parigi Mesmer diventa famoso, apre un salone e tra i clienti annovera anche la regina Maria Antonietta.
Ciononostante il solco è segnato e la pratica dell'ipnosi comincia a diffondersi: nel secolo successivo per esempio, il chirurgo scozzese James Esdaile afferma di utilizzare abitualmente l'ipnosi come anestesia, anche nei casi di mutilazione. Alla metà del secolo la scienza scopre un interesse particolare per l'ipnosi, grazie ad alcuni medici francesi, in particolare Jean-Martin Charcot, uno dei padri della neurologia: acuto studioso delle malattie nervose, Charcot non disdegna di utilizzare l'ipnoterapia per curare diverse patologie, in primo luogo l'isteria. Una prassi che gli attira molte critiche, ma che suscita l'interesse di un giovane medico austriaco che aveva seguito le sue lezioni all'ospedale della Salpêtrière di Parigi: Sigmund Freud.
In un articolo di quel periodo così scrive Freud: «Si è offerta al medico la possibilità di esercitare un’influenza profonda, anche se transitoria, sulla vita psichica dei suoi malati e di sfruttarla a scopi terapeutici. Era nota da molto tempo, ma soltanto negli ultimi decenni è stata accertata al di là di ogni dubbio, la possibilità di trasporre le persone, mediante certi blandi interventi, in uno stato psichico del tutto particolare che ha molta somiglianza con il sonno e che viene perciò definito “ipnosi”». Più tardi lo studioso abbandonerà questa strada, a causa dell'ambiguità dei risultati terapeutici e della complessità del metodo ipnotico, puntando decisamente su una nuova teoria da lui stesso elaborata e che conoscerà migliore fortuna, la psicoanalisi.
Ma Freud non è l'unico a voltare la schiena all'ipnosi, che all'inizio del Novecento conosce un rapido declino all'interno dell'ambiente scientifico. Il suo esercizio appare sempre più un affare da imbonitori, buono tutt'al più per spettacoli teatrali o romanzi d'appendice. Sarà solo dopo la Prima guerra mondiale che verrà riscoperta e tornerà utile per trattare i tanti casi di nevrosi e shock traumatici che affliggono i reduci delle trincee. Il suo riscatto è opera soprattutto del dottore americano Milton Erickson, tra i fondatori della cosiddetta ipnosi clinica. Vengono finalmente sfatati i tanti miti che aleggiavano attorno alla sua pratica e vengono codificate le basi scientifiche del suo impiego.
Perché l'ipnosi non centra nulla con pendolini o sguardi magnetici; non significa mai controllo della mente e non può essere indotta contro la volontà del paziente, che dunque non potrà mai essere spinto a commettere azioni che vanno contro la sua morale. È invece un'alterazione dello stato di coscienza, simile per molti versi a quella del sonno, e fondata sull'analisi dei meccanismi del pensiero. I due emisferi cerebrali infatti hanno compiti differenti: quello sinistro è la sede della parte razionale e conscia, mentre il destro ospita la parte inconscia e irrazionale, legata al piacere e alle emozioni. È proprio sull'emisfero destro che incide l'ipnosi, che poi attraverso l'azione dell'ipotalamo converte gli impulsi nervosi in messaggi ormonali, in grado di provocare anche delle reazioni fisiche sul nostro organismo.
In questi termini forse l'ipnosi perde parte del suo fascino, ma acquista certamente una maggiore credibilità diventando un valido ausilio in campo medico: come sostituto dell'anestesia farmacologica per esempio, ma anche per ridurre ansie nei pazienti che si devono sottoporre a delicati interventi o per curare disturbi dell'alimentazione o legati alla sfera sessuale.