Una delle grandi differenze tra la teologia cattolica e quella protestante è il culto dei santi: i cattolici sono devoti a qualche migliaio di santi e ogni anno se ne canonizzano di nuovi; per i protestanti non esistono, perché tutti potenzialmente lo siamo se ci affidiamo alla grazia divina e seguiamo la parola di Dio. Sotto sotto però una piccola icona religiosa, un superuomo più vicino al cielo ce l'hanno anche i riformisti e, pur se appare singolare, è proprio colui che contribuì a demolire l'edificio sacro della Chiesa cattolica: Martin Lutero. La sua popolarità è così grande che quando nel 2015 la Lego ha messo in vendita la miniatura del monaco tedesco, con tanto di penna d'oca e Bibbia tra le mani, ne sono state vendute più di 34mila nel giro di appena tre giorni. Un appeal indiscutibile dovuto a quel gesto rivoluzionario di 500 anni fa, quando Lutero pronunciò il suo atto d'accusa contro la corruzione clericale appendendo le celebri 95 tesi sulla porta della cattedrale di Wittenberg. Da quel momento egli smise di essere una persona per diventare un “personaggio”, una figura quasi trascendentale nella storia religiosa occidentale. Ma in realtà Lutero fu un uomo in carne e ossa, una personalità complessa fatta di luci e ombre: da una parte il coraggioso frate capace di rischiare la vita per la propria libertà di pensiero e dall'altra il codino sostenitore dello status quo politico e sociale; il feroce critico del papa di Roma e insieme il convinto antisemita. È questo il ritratto che emerge dalla nuova biografia della storica di Oxford Lyndal Roper, Martin Luther: Renegade and Prophet, che traccia un profilo controverso ma realistico del padre del protestantesimo.
Roper ha messo al centro delle sue ricerche la vita di Lutero per sottolinearne i lati meno noti, a cominciare dall'infanzia e dal rapporto conflittuale col padre, agiato imprenditore nelle miniere della Turingia, contro la cui volontà si batte il giovane Martin: la scelta di entrare in monastero è dettata infatti anche dal rifiuto dell'autorità del genitore, che sognava per il rampollo una prestigiosa carriera legale. Tra le mani della studiosa australiana il teologo tutto di un pezzo che ci ha consegnato la tradizione svanisce e appare invece una figura sfaccettata piena di paradossi e contraddizioni. Ecco allora il Lutero “profeta” della liberazione sessuale, ovviamente nei sacri confini del matrimonio, che rompe il voto di celibato per sposare addirittura una ex suora; lo stesso ardente misogino che pronuncia frasi come «La volontà di Dio è chiara, le donne sono state create per essere o mogli o prostitute». Oppure il ribelle che si scaglia contro l'autorità della Chiesa ed esorta i fedeli ad affidarsi solo alle Sacre Scritture, traducendole affinché siano comprensibili dal popolo; ma che poi non esita a invocare la forza e il potere dei principi tedeschi per reprimere nel sangue il tentativo di insurrezione di quello stesso popolo. O ancora il monaco dalla raffinata cultura filosofica, titolare di una cattedra di morale ed etica aristotelica a Wittenberg, che in tarda età nel libello Gli Ebrei e le loro menzogne esprime il suo violento antisemitismo con argomenti rozzi e pretestuosi, che saranno ripresi anche dal nazismo quattro secoli più tardi.
Il saggio di Lindal Roper propone quindi un Martin Lutero meno “santo” e decisamente più umano, un precursore anticonformista e un uomo profondamente calato nel suo tempo, un individuo dotato di quella complessità che tutti i grandi protagonisti della storia possiedono.