Maximilien de Robespierre, “l'incorruttibile”, l'incarnazione dell'intransigenza e del furore rivoluzionario: un appassionato politico, un carismatico oratore e un nemico giurato dell'ancien régime. Soprattutto un avversario delle istituzioni religiose e della loro spiccata influenza sulla società francese: e infatti con la rivoluzione si avvia immediatamente un rapido processo di laicizzazione dello Stato, ispirato dalle idee illuministe.
I primi provvedimenti decisi dall’Assemblea nazionale riguardano l’esproprio da parte dello Stato di tutte le proprietà ecclesiastiche e delle opere pie: nel novembre del 1789 i membri dell’assemblea decidono infatti di incamerare i beni della Chiesa, della cui vendita beneficiano le casse pubbliche e una nuova classe di piccoli proprietari terrieri, che, per i vantaggi acquisiti, vede dunque di buon occhio la rivoluzione.
I cambiamenti però non riguardano solo i beni, ma toccano nel profondo il ruolo dei ministri di culto nella società francese e la loro stessa condizione. Con il provvedimento del 1790 denominato Costituzione civile del clero, l’Assemblea cerca di fare ordine in materia. A carico della nazione passano dunque le spese del culto, il mantenimento del clero e l’assistenza ai poveri; il numero delle diocesi e delle parrocchie viene ridotto per contenere i costi e per farle corrispondere con i dipartimenti dello Stato; i prelati diventano funzionari statali e come tali sono tenuti a prestare giuramento di fedeltà alla nazione, al re e alla Costituzione, atto che una parte del clero si rifiuta però di compiere. Sempre nel 1790 vengono proibiti i voti monastici e un anno dopo vengono riconosciuti pieni diritti politici e civili agli ebrei, in aggiunta a quelli già concessi ai protestanti nel 1787. Una legge del 1792 introduce il matrimonio civile, l’unico accettato dalla stato, e il divorzio.
Sul piano simbolico altri provvedimenti vano nella direzione di una repentina laicizzazione della società. In contrapposizione al cattolicesimo viene introdotto il culto della Dea Ragione, che prevede feste e rituali laici, e nel 1793 la Convenzione approva la riforma del calendario repubblicano: quest’ultima divide l’anno in dodici mesi di trenta giorni e abolisce le domeniche e ogni festa religiosa, ma soprattutto stabilisce che l’inizio dell’anno primo della nuova era sia il 22 settembre 1792, il giorno seguente la proclamazione della repubblica, allo scopo di segnare l’importanza dello spartiacque rivoluzionario nella storia francese.